Eventi scatenanti della Seconda Guerra Mondiale (WWII)

La seconda guerra mondiale è scoppiata il 1° settembre del 1939, con l’invasione della Polonia da parte della Germania nazista.

Dopo una breve e fulminea invasione, seguita dalla Guerra d’Inverno Russo-Finlandese tra il ’39 e il ’40, le armate tedesche si riversarono a occidente, aspettando il momento propizio per regolare i conti principalmente con la Francia. Prima delle operazioni belliche in Polonia, l’evento diplomatico più rilevante era stato il Patto di Non Aggressione tra URSS e Germania (Molotov-Ribbentrop) che in pratica metteva al riparo la Germania dai pericoli di un secondo fronte.

In questo modo Hitler voleva essere sicuro di non commettere gli errori del primo conflitto mondiale, quando la Germania si era dovuta impegnare su più fronti, dissanguando completamente le proprie risorse contro avversari alla fine più numerosi.

Il ruolo del Trattato di Versailles

Spesso tra le cause della seconda guerra mondiale, una corrente di storici indica l’esito della prima guerra mondiale. Anzi, storici come Ernst Nolte parlano precisamente di Lunga Guerra Civile Europea, considerando l’intermezzo pacifico tra i due conflitti come una stasi solo dal punto di vista militare, non politico, culminata con la nascita dei totalitarismi opposti (comunismo e nazifascismo).

Tuttavia, una simile definizione trova opposizione tra gli accademici e gli storici perché secondo essi, i problemi derivanti dalla sistemazione del Trattato di Versailles erano in via di definizione a metà degli anni Venti, grazie alla politica accorta di Gustav Stresemann, il politico di spicco della Repubblica di Weimar.

La questione di Danzica, città tedesca, diventata enclave libera, è centrale in questo senso.

La Grande Crisi del 1929

Se proprio dobbiamo retrodatare una causa, possiamo tornare indietro fino al 1929 e alla Crisi economica che provocò la Grande Depressione in America e la fine degli aiuti americani alla Germania.

Con la crisi scatenata dal crollo di Wall Street il Partito Nazista, che nella sua agenda politica aveva la revisione o addirittura la denuncia dei trattati di Versailles, riprese fiato.

Prima della Crisi Hitler era politicamente finito.

Senza di essa non sarebbero state portate avanti delle politiche di revisione dei trattati, che poi trovarono appoggio anche in altri paesi europei.

L’Italia, per controbilanciare il potere francese, con Mussolini se ne fece portavoce a metà degli anni Trenta e perfino l’Inghilterra giudicava ragionevoli le pretese di Hitler.

Storicamente poi la Germania non aveva torto: i trattati erano stati troppo duri e avevano attribuito le cause della prima guerra mondiale alla sola Germania, mentre c’era stato comunque un concorso degli altri paesi (la corsa agli armamenti aveva riguardato tutti).

L’avvento del Fascismo e del Nazismo

Quindi, se da un lato il Trattato di Versailles, una pace imposta unilateralmente dai 4 paesi vincitori (tra cui l’Italia), ha contribuito a far rinascere il militarismo e accedere il fuoco del Nazismo, dall’altro lato dipende molto dalla natura del Nazismo.

Il suo essere un’ideologia totalizzante ha fatto si che Hitler non si fermasse di fronte a nulla, che considerasse non solo di regolare i conti con la Francia, come effettivamente fece, ma anche di far fuori l’Unione Sovietica, occupare tutti i paesi ad est dei Balcani, la Scandinavia e la Danimarca e tentare lo sbarco in Gran Bretagna.

Insomma, la causa principale è la natura del Nazismo (e del Fascismo), che nascono negli anni immediatamente successivi alla Grande Guerra, sfruttando lo sbandamento di tanti giovani, che si trovavano senza futuro.

Negli anni Trenta in tutta Europa si assiste alla nascita di regimi totalitari ispirati al Fascismo di Mussolini.

In Italia, l’esito della Prima Guerra Mondiale aveva lasciato insoddisfatto il governo liberale e l’opinione pubblica.

C’era una marea di uomini che reduci dal primo conflitto, avevano la sensazione di non aver raccolto interamente i frutti del loro sacrificio.

In più in trincea avevano imparato a obbedire, avere una disciplina, trovando una dimensione di sé stessi che ora dovevano abbandonare per tornare a vecchi lavori logoranti, senza prospettiva.

Non è un caso che dopo la prima guerra mondiale sorgano associazioni di combattenti, ma anche formazioni paramilitari un po’ ovunque. E che queste siano alla base dei regimi fascisti che insieme rinfocolano i nazionalismi e il revanscismo, scatenando la guerra.

L’imperialismo giapponese in Asia

In Asia accade praticamente lo stesso: il Giappone aveva ambizioni che la sua scarsezza di materie prime e la sua scarsa superficie geografica non potevano soddisfare.

La politica imperialista fu dovuta all’ascesa del partito militarista, che diede il via alle operazioni belliche già nel 1931 in Manciuria. Il Giappone in sostanza si mise contro la comunità internazionale, che infatti emanò alcune sanzioni, soprattutto da parte americana. Come risposta il Giappone allargò la sua influenza attaccando la Cina nel 1937, senza nemmeno dichiarare guerra.

L’unione all’asse Roma-Berlino fece si che in pratica il Giappone entrasse a far parte del conflitto scatenato in Europa e la conseguenza maggiore fu la guerra nel Pacifico, iniziata con il bombardamento di Pearl Harbour, sede della flotta americana in quell’oceano.

Il fallimento della Società delle Nazioni

Un’altra causa della Seconda Guerra Mondiale è da vedere nel fallimento della Società delle Nazioni come strumento di pace. L’aveva voluta l’ex presidente americano Woodrow Wilson, come mezzo per la risoluzione delle controversie internazionali. Ma non essendo nemmeno ratificata dal congresso americano, era destinata a fallire. La riprova si ebbe con l’intervento giapponese in Manciuria e soprattutto con la Guerra in Etiopia scatenata da Mussolini nel 1935: la Società delle Nazioni a parte irrorare delle blande sanzioni, fu del tutto incapace di fermare i conflitti. Anzi, nel caso italiano Mussolini lavorò parecchio sotto traccia per assicurarsi un beneplacito assenso dei francesi e degli inglesi.

Il fallimento della diplomazia europea e l’appeasement

Un’altra causa è da rinvenirsi nel fallimento delle diplomazie. Come ha illustrato bene Alessandro Barbero, nel video qui sotto, le cancellerie europee non seppero far altro che andare incontro alla guerra tra disillusioni, speranze, incomprensioni ed errori di valutazione.

I paesi europei si illusero di essere ancora al centro del mondo, così nel 1938 ci fu la Conferenza di Monaco tra i 4 “grandi”, cioè Germania, Francia, Inghilterra e Italia che avrebbe dovuto sancire addirittura il futuro del mondo.

La pace per un mondo di progresso e di rinnovato accordo tra i paesi. Eppure, già allora non potevano essere ignorati paesi potenti come USA e URSS, ma i paesi europei, dall’alto dei loro imperi coloniali, erano ancora convinti di poter guidare il mondo, decidere per tutti.

Un grosso errore fu dovuto dunque a questi errori di valutazione. L’aspetto ironico è che Hitler si accorse rapidamente dell’errore commesso nel lasciare fuori dal tavolo dei negoziati l’URSS, firmando un patto diabolico con Stalin, che gli permetteva di avere mani libere a Occidente. Stalin cercava un’alleanza con Francia e Gran Bretagna da mesi, ma a quanto pare questi due paesi, più che mandare diplomatici di secondo livello non fecero, consegnando la potenza russa nelle mani di Hitler.

La Gran Bretagna  di Chamberlain poi decise che per forza doveva rassicurare la Polonia. Ora, la Polonia è da sempre stato il nodo gordiano della politica estera di Russia e Germania.

Va considerato che allo scoppio della prima guerra mondiale essa non esisteva, ma c’era sempre stata.

Per cui, cinicamente, non si capisce la testardaggine anglo-francese nel voler per forza difendere l’indipendenza polacca e far scoppiare comunque la Guerra e al contempo ricercare la pace, concedendo tutto. Questa è la tesi principale dello storico militare Liddell Hart, secondo il quale era inutile sacrificarsi per Danzica, evitando una guerra sanguinaria.

In sostanza gli anglo-francesi con la politica dell’appeasement culminata a Monaco nel 1938, avevano concesso a Hitler di occupare i Sudeti, l’Austria, la Renania e perfino l’intera Cecoslovacchia.

In totale contraddizione con questo atteggiamento passivo, decisero di “salvare a tutti i costi” la Polonia, probabilmente per una questione d’orgoglio. Risultato?

La Polonia non viene affatto difesa ed è addirittura occupata per metà anche dai russi, che dovevano essere loro alleati. I polacchi peraltro erano convinti di poter vincere la guerra con la Germania. Anche dalle loro parti c’era al potere un partito militarista.

Infine il grande errore, conseguente a questo.

Come previde giustamente Winston Churchill, la politica dell’appeasement avrebbe solo portato danni, incoraggiando Hitler a volere di più.

Questa politica si tradusse nella sostanziale immobilità delle truppe francesi, che all’inizio del conflitto, soprattutto nel 1939, erano nettamente superiori alle truppe tedesche.

Mentre Hitler era impegnato in Polonia potevano attaccare il fronte occidentale e Hitler stesso temeva che ciò potesse accadere e si stupì del fatto che non accadde nulla.

In pratica fece una scommessa sulla volontà della Francia di voler evitare a tutti i costi la guerra e infatti, volendola evitare, i francesi la ottennero.

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