Perché è importante il 25 Aprile in Italia

Il 25 Aprile, la Festa della Liberazione, si ricorda la liberazione dell’Italia dall’occupazione nazista, iniziata nel 1943, all’indomani dell’Armistizio dell’8 Settembre e dopo la caduta definitiva del Fascismo (Gran Consiglio del 25 Luglio 1943).

Ma perché è stata scelta questa data e come mai si celebra una Liberazione?

Andiamo con ordine con i fatti storici.

Cosa accadde il 25 Aprile 1945

La scelta della data non è casuale, essa coincide infatti con l’ordine di insurrezione generale diramato dal CLNAI (Comitato Liberazione Nazionale Alta Italia) che coordina le forze della Resistenza, e che ha pieni poteri civili e militari delegati dal governo di Roma.

L’insurrezione è solo l’atto finale di un progressivo sfaldamento delle forze di occupazione naziste, affiancate da reparti della Repubblica Sociale Italiana.

Il quadro militare vede le forze Alleate risalire la penisola, dopo due anni di dure battaglie.

La Resistenza entra nel vivo, operando già sul fronte della linea Gotica, l’ultimo baluardo difensivo nazista che separa gli eserciti alleati dalla Pianura Padana.

Nonostante l’avviso del generale Clark, contrario a ogni iniziativa di insurrezione da parte delle formazioni partigiane, già il 13 Aprile, il leader comunista Palmiro Togliatti sottolinea l’importanza – per le forze popolari e partigiane – di proclamare l’insurrezione in tutte le grandi città, prima dell’arrivo degli Alleati.

La situazione è così calda che Mussolini, in accordo con il plenipotenziario di Hitler, generale Wolff, valuta la possibilità di spostare il governo da Salò in Valtellina, ipotizzando un piano di resistenza estrema a ridosso del confine svizzero.

Nonostante la contrarietà degli anglo-americani, le città del Nord, una alla volta, entrano in stato di sciopero che paralizza tutte le attività industriali. A Torino lo sciopero generale scatta il 18 aprile.

Il 19 a Bologna i partigiani combattono le forze naziste, due giorni prima dell’ingresso delle truppe alleate.

Il 23 Aprile è la volta di Genova, nello stesso giorno in cui gli Alleati attraversano il Po, sono catturati 6000 nazisti, dopo una strenua difesa del porto.

A Cuneo il 24 Aprile si scatena una durissima battaglia tra partigiani e nazisti.

Il 25 Aprile, come detto, viene dato l’ordine di insurrezione generale che consiste nell’ordine di ribellarsi ai Nazisti ovunque essi siano, attraverso misure di guerra e di resistenza civile.

Il CLNAI prende delle decisioni drastiche nei confronti dei gerarchi fascisti istituendo tribunali di guerra e stabilendo la pena di morte.

I reparti della Resistenza convergono verso Milano e la prefettura dove Mussolini si era trasferito, viene occupata dalla Guardia di Finanza in nome del CLN locale.

A Mussolini, ai fascisti e ai nazisti presenti ancora a Milano viene offerta solo la resa incondizionata. Le trattative avvengono nella sede arcivescovile di Milano, alle quali prende parte anche il futuro presidente della Repubblica Sandro Pertini. Le forze del CLNAI vogliono una risposta entro due ore, ma Mussolini decide di lasciare la città dirigendosi in direzione del Lago di Como.

Gli eserciti anglo-americani entreranno in una Milano ormai liberata il 30 aprile.

Lo stesso giorno il CLNAI emette un comunicato stampa che descrive il processo e l’esecuzione di Mussolini (28 aprile 1945) come “la conclusione necessaria di una fase storica”.

Se noti la successione rapida dei fatti, e le dichiarazioni dei protagonisti della Resistenza, il 25 Aprile era fondamentale per “riscattare la dignità del popolo italiano”. Cioè far vedere che c’era un’Italia diversa oltre a quella Fascista, disposta a battersi per la libertà e riguadagnarsi il rispetto combattendo a viso aperto i nazisti, prima dell’arrivo degli Alleati.

Perché ci sono polemiche sul 25 aprile?

Ci sono due ordini di problemi. Il 25 Aprile non è solo la Festa della Liberazione, ma anche la celebrazione della Resistenza e tutto ciò che essa comporta.

Come hanno ribadito spesso i presidenti della repubblica italiana, la Resistenza è alla base del ritorno alla democrazia in Italia. Ed è vero perché ci sono stati molti italiani che hanno creduto nella lotta per dei valori democratici che la Resistenza incarna.

Non è solo un fenomeno italiano. C’erano fenomeni di resistenza contro la dittatura nazista ovunque nei territori occupati, e di fatto l’Alta Italia era un territorio occupato.

La polemica sull’importanza militare della Resistenza ha poco senso.

È assolutamente naturale che a partecipare attivamente al combattimento fossero in pochi.

Chi parla oggi, dal comodo divano di casa, deve mettersi nei panni dell’italiano di allora.

Chi oggi sarebbe davvero disposto a rinunciare alle comodità per combattere per un ideale? Pochissimi.

I numeri in gioco poi hanno ancora meno senso. È scontato che gli stati organizzati siano preponderanti. L’esercito Alleato allora contava milioni di arruolati, con mezzi indescrivibili, tale era il livello della guerra.

Ma c’è anche una guerra di retrovia, di sabotaggio, di guerriglia che è necessariamente portata avanti da piccoli reparti.

Da un punto di vista militare è stata dunque rilevante, nel modo in cui sono rilevanti tutte le operazioni di resistenza.

Ma conta molto l’atteggiamento, la volontà di voler combattere a viso aperto prima dell’arrivo degli Alleati, proprio per dire: siamo noi italiani che stiamo combattendo.

Vincitori e vinti?

Ma da un punto di vista storico è giusto anche farsi la domanda: l’Italia della Resistenza, che ha avuto il coraggio di combattere sul campo le forze naziste, lasciando sul campo migliaia di morti, era diversa dall’Italia del Fascismo?

Cioè dall’Italia che fino a pochi anni prima idolatrava il Duce e che poi si era stancata di lui, principalmente per l’andamento disastroso della guerra.

Erano due Italie diverse?

La polemica, dal punto di vista politico e ideologico, nasce in seno a questa questione.

Lasciamo perdere la propaganda politica italiana e le polemiche sterili che ogni anno, a partire dal 1994, si succedono.

Alcuni politici sono così rozzi dal porre la questione nel solito campo del dibattito “comunismo vs fascismo”, mentre l’opposto del fascismo non è il comunismo, ma la democrazia.

Il punto è capire, se dal punto di vista storico, l’Italia fascista e l’Italia della resistenza non siano due fasi della stessa nazione e non due cose opposte, o come si dice spesso una questione tra vincitori e vinti.

Siamo propensi a pensare che l’Italia della Resistenza è una parte dell’Italia che a un certo punto ha deciso che non bastava essere contro a parole, ma agire. E farlo per dimostrare che non tutti, durante il lungo periodo Fascista, erano stati fascisti.

Per gli storici stranieri non ci sono dubbi: l’Italia è sempre una, che attraversa fasi diverse.

E la pensavano così anche i governanti di allora. Lo era per De Gasperi, per Togliatti, per Luigi Longo e così via. Avevano la lucidità di capire che la diversità loro rispetto ai fascisti, valeva solo per loro.

Certo, gli americani sapevano bene che De Gasperi fosse un sincero democratico, e Stalin poteva contare sul fatto che Togliatti e i comunisti fossero antifascisti nel midollo.

Ma il punto è che per gli altri, l’Italia della Liberazione era l’Italia che aveva dichiarato guerra alla Francia in quel modo ignominioso che tutti sappiamo. L’Italia che aveva dichiarato guerra agli Stati Uniti, all’Inghilterra e aveva mandato dei soldati in Ucraina contro l’URSS.

Fu quindi l’Italia del dopo Mussolini a pagare per gli errori dello stesso. In fortissime indennità di guerra, nel fatto di essere diventato un paese minore, di dover accettare aiuti materiali da altri paesi in cambio di manovalanza.

Alleati e sovietici si sono ben guardati dal dire: “si, voi siete bravi ragazzi, vi perdoniamo”. Al contrario, l’Italia ha dovuto pagare le sue scelte, e se ha pagato in misura minore rispetto alla Germania, occupata e divisa in due, è solo perché ha fatto meno danni e si è fatta battere prima sul campo di battaglia.

Aggiungendo vergogna a vergogna.

La Resistenza ha senz’altro influito nella considerazione degli Alleati, circa la volontà di tanti italiani di partecipare alla guerra di Liberazione in Europa, aperta proprio con lo Sbarco in Sicilia.

Allora, come si risolve questo dilemma dal punto di vista interno? Si parla di guerra civile tra italiani.

Cioè di una lotta tra fascisti e antifascisti, nella quale hanno prevalso questi ultimi.

Il discorso, come si può capire, è delicato. Viviamo tutti meglio all’interno di un quadro democratico, e anche chi è di destra non potrà non riconoscere che è un sistema molto migliore dell’autocrazia.

Per uno storico l’Italia della Resistenza è una fase di riscatto politico e militare, all’interno del quadro della storia dell’Italia fascista.

La dimostrazione, attraverso la Liberazione, che c’erano italiani che volevano ribellarsi al Fascismo.

Così come c’erano tanti italiani, tanti bisnonni, impegnati nella causa del Fascismo, che si sono uniti a Mussolini nell’avventura disastrosa della Repubblica di Salò, uno stato fantoccio che aveva l’unico scopo di mettere le fabbriche del Nord al servizio dell’industria bellica tedesca e fare da fronte contro una eventuale invasione da sud della Germania (come voleva Churchill).

Per questi l’Italia aveva tradito la sua alleanza con la Germania.

Ma pur essendo un “nobile intento”, se facciamo finta di non considerare cosa era la Germania Nazista, si capisce che questa posizione ha poca aderenza nei fatti.

Non solo difendere l’alleanza con la Germania equivaleva a condividere i principi espressi dalle mostruosità dei nazisti (in parte ripetute anche in Italia), ma anche ignorare l’esito della guerra sul piano militare, condotta in modo disastroso dai fascisti.

In conclusione, è importante ricordare la Festa del 25 Aprile perché ha segnato un ritorno storico alla vita civile, democratica, a quei valori di uguaglianza di fronte alla legge, libertà di pensiero, democrazia che il Fascismo aveva conculcato.

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