In occasione della Giornata della Memoria

A differenza della Germania, l’Italia non ha mai compiutamente fatto i conti con il proprio passato scabroso delle leggi razziali. In questo atteggiamento hanno avuto sicuramente peso da un lato la tendenza a considerare gli italiani delle “brave persone”, dall’altro la differenza sostanziale tra Fascismo e Nazismo in ordine al problema della razza. Anche se spesso si racconta che Mussolini imitò Hitler, è vero il contrario: che cioè un certo tipo di antisemitismo riaffiorò violentemente alla vigilia delle leggi razziali e non aveva a nulla a che vedere con le leggi di Norimberga. Di sicuro ha contribuito a questa dimenticanza critica anche l’assenza di veri e propri campi di concentramento nel nostro paese e la scientifica criminale organizzazione nazista, che ha condotto allo sterminio accertato di 6 milioni di ebrei europei.

auschwitzIn Germania il punto critico ha sempre riguardato la consapevolezza del popolo tedesco. Quando gli Alleati entrarono nei principali campi di concentramento, scoprendo man mano che avanzavano verso Berlino, l’orrore perpetrato dai capi nazisti, si premurano di far vedere agli abitanti dei paesi vicini ciò che si consumava davanti ai loro occhi. Sapevano? Ignoravano? Resta molto difficile da capire, ma è importante se si vuole apprendere dal punto di vista psicologico, cosa ha spinto una nazione civile come la Germania, che ha dato un contributo fondamentale allo sviluppo dell’uomo, a rendersi protagonista e complice di un simile eccidio. Ci si chiede in particolare come è stato possibile, per la gerarchia nazista al potere, per singoli uffici e amministrazioni anche locali, mettere a punto un simile sistema di eliminazione organizzato al minuto, che ha comportato perfezionamenti e burocrazia, trasferimenti e comportamenti elusivi, essere messo in atto davanti a tutti, senza che nessuno muovesse un dito. Era veramente possibile ribellarsi o i tedeschi più istruiti, quelli appartenenti alla borghesia, hanno semplicemente accettato? È certo che tutti in Germania sapessero che gli Ebrei venivano deportati. Milioni di persone non finiscono nel nulla: interi quartieri ghetto venivano svuotati e c’erano molti tedeschi che diventavano proprietari di beni non loro, confiscati a intere famiglie di origine ebraica. L’idea comune era quella che gli Ebrei venissero semplicemente trasferiti, portati altrove, per liberare lo spazio vitale tedesco a una nazione che si sentiva profondamente in esubero negli angusti confini. E nonostante i confini si allargassero, i capi nazisti procedevano comunque alla deportazione in massa degli Ebrei non solo dalla Germania, ma anche dalla Cecoslovacchia, dall’Olanda, dalla Francia, dalla Polonia e dalla Russia. Dove c’erano divisioni naziste e truppe combattenti delle SS c’erano esecuzioni e deportazioni di massa. Molti tedeschi pensavano che i loro governanti risolvessero un problema annoso: l’antisemitismo non era certo nato con i Nazisti e non si risolveva con loro, ma erano sul serio convinti che venissero trasporti a “oriente” o nel Madagascar. Luoghi esotici, lontani. Alcune testimonianze riportano l’incredulità del popolo tedesco durante il periodo del grande processo di Norimberga: molti di loro erano convinti che le SS agissero senza l’autorizzazione governativa. Ma si sbagliavano: l’ordine di eliminare gli Ebrei fu firmato personalmente da Adolf Hitler.

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